Miopia, i giovani sono più a rischio

 Favorire attività all’aperto e scegliere cibi adatti

Svariati studi hanno dimostrato che l’attività all’aperto ha un effetto di riduzione per l’insorgenza e l’aumento della miopia e che i bambini che passano meno tempo all’aperto hanno una probabilità maggiore di sviluppare la miopia. Uno di questi è lo studio presentato all’American Academy of Ophthalmology a Orlando, che conferma che per bambini e adolescenti ogni ora in più alla settimana trascorsa all’aria aperta fa diminuire la probabilità di diventare miopi del 2%.

 La ricerca dell’università inglese mette insieme i risultati di otto studi condotti negli ultimi quattro anni, per un totale di 10.400 fra bambini e adolescenti osservati, in cui si misurava da un lato la qualità della vista e dall’altro lo stile di vita. È apparso chiarissimo il legame fra la salute degli occhi e il tempo trascorso fuori casa. Un ulteriore studio condotto da due oculisti australiani, Katryn Rose dell’University of Sidney e Ian Morgan dell’University of Camberra, hanno selezionato 2.367 studenti dodicenni di Sidney: li hanno sottoposti a visita oculistica e ad un questionario sulle loro attività diurne, tralasciando il tempo trascorso sui libri. Il tasso più basso di miopia era associato al numero maggiore di ore trascorse all’aperto, mentre il tasso più elevato si ritrovava fra i bambini che trascorrevano meno tempo fuori casa.

 Lo studio fu pubblicato nel 2008 sulla rivista scientifica Ophtalmology e da allora tutti quelli successivi hanno continuato a confermare che maggiore è la durata della permanenza all’aria aperta e minore è il rischio di sviluppare la miopia. I fattori che giustificano questa affermazione e che inibiscono la miopia sono tre: – Innanzitutto, la luce solare stimola il rilascio della dopamina, un neurotrasmettitore endogeno della famiglia delle catecolammine, che blocca l’allungamento del bulbo oculare (causa la miopia assiale, la più comune e quella che può causare maggiori problemi all’occhio). – La miosi pupillare data dall’intensità della luce provoca un aumento della profondità di campo e quindi una diminuzione dello sfocamento delle immagini. – Infine, un ridotto uso dell’accomodazione blocca i processi miopizzanti sopra elencati.

 Le ricerche ci dicono che per ridurre, secondo taluni, fino al 90% il rischio d’insorgenza o di aumento, almeno per le miopie lievi e medie, i bambini dovrebbero passare 2-3 ore al giorno all’aperto. Inoltre, un altro modo per tutelarsi da problemi è cominciando dalla tavola: mangiare http://www.blogtecnologiedibenessere.com/salute/85-miopia-e-possibile-migliorare-questo-difetto.html  frutta e verdura tra le più colorate riduce i rischi legati alla presenza di radicali liberi, perché sono ricche di antiossidanti e pigmenti reticini, in particolare la luteina. Quest’ultima è considerata un “occhiale da sole” naturale per la protezione della funzione visiva. Essa è in grado di assorbire alcune radiazioni luminose, che sono dannose per l’occhio. È un carotenoide, il suo potere antiossidante serve a prevenire il danno indotto dai radicali liberi. Altre attività riconosciute sono quelle di stabilizzazione e rafforzamento delle membrane cellulari, d’induzione di enzimi detossificanti. La luteina non è prodotta dal nostro organismo ma viene assunta tramite il cibo, e si accumula selettivamente nella retina, in particolare nella macula lutea e, anche se in minor quantità, nel cristallino.

La Miopia nel mondo

La distribuzione geografica degli errori refrattivi non è omogenea. Le stime di prevalenza variano molto tra i paesi tanto che si ipotizza una predisposizione genetica etnica coadiuvata dall’influenza ambientale e dello stile di vita. Non a caso la Miopia è riscontrata prevalente nelle aree urbanizzate rispetto a quelle rurali  e sembra essere molto comune tra i soggetti con IQ e livello di scolarizzazione più alti che tendono a spendere meno tempo in attività all’aperto.

Entro la fine di questa decade, circa un terzo della popolazione mondiale, 2.5 miliardi di persone, sarà affetta da Miopia secondo le previsioni degli studiosi. Il panorama mondiale risulta diviso in tre grandi aree di prevalenza: da una parte si collocano i paesi del Sud-Est Asiatico e dell’America Settentrionale, i paesi “high income”, ricchi, che mostrano le percentuali più preoccupanti. Se si pensa che sessant’anni fa il 10-20% delle persone asiatiche era miope, oggi si stima che il 90% dei giovani adulti orientali porti gli occhiali, con picchi al 75% in Cina, 40% in Giappone, 50% in Taiwan, 70% a Singapore  e uno spaventoso 96,5 % dei giovani diciannovenni in Seul, Corea del Sud. I casi di alta Miopia sono in aumento specialmente tra i soggetti più giovani, circa un 20%-24% in Asia Orientale: lo slittamento della prevalenza verso le età più tenere fa pensare a un futuro sviluppo di Miopie ancora più gravi in età giovanile. La Degenerazione Maculare Miopica (MMD) rappresenta una delle cause più conclamate di perdita totale della vista, soprattutto in Giappone, seguito dal Glaucoma e altre patologie da stiramento del tessuto retinico. Il modello genetico da solo non può spiegare l’incredibile aumento dell’incidenza tra i giovani asiatici per i tempi di cui necessita la genetica per attivare un meccanismo di selezione naturale.

 Si ritiene pertanto che una delle cause principali sia la riduzione delle attività all’aperto come risultato di un sistema educativo molto rigido sin dall’età più tenere. Stati Uniti, Europa e Australia rappresentano il secondo blocco di prevalenza che in generale mostrano percentuali intermedie di casi, circa 25-40% della popolazione, anche se in crescita soprattutto tra i soggetti più giovani. Negli ultimi trent’anni la Miopia negli Stati Uniti è raddoppiata passando da un quasi 25% degli anni Settanta a un attuale 40% della popolazione, lo stesso per l’Australia che si è portata a circa il 31% ma in soli dieci anni . Come comprova della relazione tra Miopia e istruzione, l’America mostra che l’aumento della prevalenza dei casi di Miopia è maggiore nella popolazione di colore. Con buone probabilità l’educazione negli anni Settanta era accessibile solo a una ridotta fetta di individui a pelle scura e pertanto l’annullamento delle differenze raziali ha portato anche loro ad esperire il lavoro a ridotta distanza e la diminuzione delle attività all’aperto facendo risultare un aumento dei casi di Miopia mai visto prima e più consistente della popolazione bianca.

Cosa significa Miopia

Il termine Miopia fa riferimento all’anomalia refrattiva dell’occhio umano in cui il fuoco coniugato al piano anatomico della retina si trova a una distanza finita dall’occhio in condizione statica, cioè con accomodazione rilassata. L’origine del termine è da attribuire al medico greco Galeno che con “Muopia” definiva coloro che usavano “strizzare gli occhi” come espediente per aumentare la nitidezza dell’immagine visiva. Non a caso la Miopia, anche definita “Brachimetropia”, “visione inferiore alla distanza”, mai entrato nel lessico comune, rappresenta la condizione in cui i raggi luminosi vengono fatti convergere in un piano anteriore quello retinico  a differenza di un occhio normale o “emmetrope” per cui gli oggetti vicini e lontani sono ugualmente visti a fuoco.

L’occhio umano può essere paragonato a una macchina fotografica che regola automaticamente la propria messa a fuoco, con la differenza che le dimensioni dell’occhio restano le stesse per ogni distanza di focalizzazione. Mentre una macchina si serve dell’allungamento dell’obiettivo, il diottro umano modifica la forma del cristallino mediante l’attività dei muscoli ciliari per adeguarne il potere in relazione alla distanza da osservare. Nel momento in cui questo meccanismo regolatore non riesce più a far coincidere il piano focale con quello anatomico retinico, insorge un difetto refrattivo, la Miopia ne è un esempio. Ma non è tutto qui. Oggigiorno non è più possibile parlare di Miopia solo come un’anomalia accomodativa. Si è passati a considerare come sua causa principale l’eccessivo allungamento assiale del bulbo oculare a cui consegue un assottigliamento della sottostante sclera. Tale fenomeno sta caratterizzando circa un terzo della popolazione mondiale portando con sé numerose patologie da stiramento tissutale. Pertanto, sebbene l’esatto meccanismo resti ancora poco chiaro, l’ipotesi di un’eziologia genetica della Miopia non è più sufficiente per spiegare le dimensioni del fenomeno degli ultimi decenni e un’influenza ambientale è sempre più accreditata. Per controllare la Miopia è necessario rallentare il tasso di accrescimento assiale e comprenderne i meccanismi attivatori ed è fondamentale oggi più di qualche decennio fa.

Il bulbo oculare cresce naturalmente con l’età come tutti gli organi del corpo, soprattutto nel periodo post natale in cui sembra che il tasso di accrescimento sia il più rapido di tutta la vita. L’eterogenea distribuzione dei poteri refrattivi della cornea e della profondità della camera anteriore nei neonati, conferma un’origine genetica delle dimensioni oculari. Non a caso avere uno o entrambi i genitori miopi rappresenta un fattore di rischio per il difetto miopico. Eppure secondo recenti studi effettuati sugli animali e trasportati sugli umani, l’input visivo stimola il guscio sclerale a modificare la propria conformazione genetica portandolo a crescere o a rallentare l’allungamento per portare il piano dei fotorecettori a combaciare con quello dell’immagine. Tale processo viene chiamato “Meccanismo di Emmetropizzazione” che, poiché attivato dall’informazione visiva, rappresenta l’influenza che l’ambiente esercita sulla genetica. Pertanto un defocus ipermetropico viene compensato da un allungamento dell’asse, mentre un defocus miopico da un suo rallentamento.

Il meccanismo di sviluppo della Miopia resta ancora un’incognita. Il solo modello genetico risulta insufficiente per spiegare il rapido aumento dell’incidenza nelle popolazioni moderne, viste le tempistiche dei meccanismi evolutivi. Tuttavia, l’ipotesi di un’origine eziologica multifattoriale si sta associando al noto modello genetico: l’idea che lo sviluppo e la progressione della Miopia possano dipendere anche da variabili come l’età, e altre iatrogene sensibilmente cambiate in questo breve periodo di tempo come il livello di istruzione, l’occupazione, la nutrizione, l’attività all’aperto, l’etnia, la regione geografica e lo stato socioeconomico, fa ben sperare in un futuro maggior monitoraggio. Lo scopo delle ricerche oggi è quello di indagare questi fattori portandone alla luce i meccanismi evolutivi al fine di sviluppare metodiche e, magari, vaccini preventivi allo stress da allungamento assiale. 1. Genetica Nei tempi in cui l’agricoltura doveva ancora essere scoperta, i nostri progenitori vivevano di ciò che riuscivano a cacciare.

La Miopia in quelle situazioni rappresentava un fattore invalidante e con molte probabilità è stato scelto come elemento da selezionare naturalmente ed estinguere nel tempo. Questa ipotesi mette in crisi l’antico modello genetico e rafforza le basi di un’origine iatrogena. A tal proposito è giustificata la differenza tra le popolazioni civilizzate urbane e quelle che emulano le condizioni rurali di quei tempi [7] : queste ultime, vivendo in ambienti lontani dagli influssi della modernità, mostrano le percentuali più basse di Miopia. Ma nonostante ciò recenti pubblicazioni riferiscono la scoperta di circa 20 loci cromosomali e più di 100 geni, o “SNP varianti polimorfiche”, che codificano per le strutture dell’occhio, specialmente la retina, e che pertanto una loro mutazione possa alterarne la struttura. Il modello di sviluppo della Miopia prevede che l’allungamento assiale sia frutto di una cascata di segnali a partire dalla stimolazione delle cellule della Retina Sensibile: raggiunta la Coroide, attraverso la barriera dell’Epitelio Pigmentato, esso si spinge fino alla Sclera per modularne la Matrice Extracellulare (ECM) nella sua fisiologia. Lo stimolo luminoso è il principale input che promuove la crescita e lo sviluppo dell’occhio umano nel neonato al fine di rendere la visone nitida, secondo il “Meccanismo di Emmetropizzazione”.

La neurotrasmissione retinica si trova ad essere modulata da geni come: GJD2 e RASGRF1 rispettivamente codificanti per le Gap-Junction e la famiglia delle GTP-proteasi dei fotorecettori retinici; GRIA per la trasmissione GABA-ergica nella la ricezione degli impulsi luminosi e A2BP1 per la regolazione tramite RNA dell’eccitabilità di membrana. Questi sono solo alcuni esempi dei geni trovati variati nelle popolazioni miopi esaminate e anche se non è ancora ben noto il corrispondente meccanismo biochimico, dimostrano che le variabili oggi supposte fattori di rischio per la Miopia, come può essere la luce solare, hanno un substrato reale nell’occhio a loro sensibile. È necessario menzionare anche una recente scoperta sul Retinolo: esso è immagazzinato a livello della Coroide sotto-forma di Acido Retinoico e sembra essere implicato nella crescita dell’occhio. L’RDH è un nuovo gene coinvolto nel riciclo dell’11-cis-retinale del ciclo visivo pertanto mutazioni del gene stesso possono essere causa di Miopia Notturna congenita associata a Miopia congenita perché l’Acido Retinoico contribuisce anche al rimodellamento della Matrice Extracellulare (ECM) della Sclera regolando la differenziazione cellulare durante lo sviluppo della Retina. LAMA codifica per una proteina trimerica chiamata Laminina che è essenziale per la migrazione e la stabilizzazione cellulare della membrana basale della matrice sclerale, mentre BMP2 e BMP appartengono alla famiglia dei fattori di crescita della classe b per regolare la crescita delle cellule mesenchimali ossee e anche della Sclera. Quindi è chiaro che la Matrice della Sclera (ECM) giochi un ruolo da protagonista nell’evoluzione della Miopia. Ad ogni modo le entità geniche hanno connessioni reciproche infrequenti e lavorano come molecole separate. Tale fatto lascia spazio all’idea che l’origine della Miopia sia eterogenea e che l’ambiente nella sua moltitudine di fattori abbia ampie possibilità per stimolare l’occhio alla crescita.